A partire dalla seconda parte del sedicesimo secolo e, con ancora maggiore consistenza lungo l'arco di tutto il diciassettesimo secolo, si assiste nelle letterature europee all’emergere e al consolidarsi di una figura, il piacere del male, un ossimoro che caratterizza la composizione e dà senso a molti testi.
Nella sua progressiva e inesorabile affermazione e legittimazione, questa solidarietà indissolubile tra elementi opposti si presenta in differenti formazioni di compromesso che, seppur di volta in volta diverse, sostituiscono antitesi morali e assiologiche della tradizione, in cui bene e male sono nettamente contrapposti, e trasformano configurazioni manichee in un più complesso sistema di relazioni, tipiche dei moderni testi letterari.
Si passa così dall'antinomia allegorica e morale che oppone Vizi e Virtù alla sua versione “rovesciata” che ne capovolge il valore e rappresenta il Bene e il Male stretti in un abbraccio mortale. Una figura che rivendica la duplicità della natura umana, presenta la perversione come norma riconosciuta e propugna, nel mito decadente della bellezza scissa dalla morale, un ideale, per lo più tragico, che copre forse il ritorno del “vecchio” ed espulso senso di colpa.
Questo progetto di ricerca dell’Associazione Sigismondo Malatesta, ideato e diretto da Paolo Amalfitano, ha approfondito e poi discusso il tema del piacere del male nelle letterature europee in cinque Seminari con l’apporto di oltre 60 ricercatori coordinati da cinque studiosi specialisti di differenti periodi storico letterari: Sergio Zatti (’500 e ante), Loretta Innocenti (’600), Paolo Amalfitano (’700), Luca Pietromarchi (’800), e Stefano Brugnolo (’900).
I risultati di questo studio comparatistico di lungo periodo sono presentati nei contributi scientifici pubblicati in questi due volumi.