Troppo occidentale per l’enigma-Giappone: così, sul «Corriere della Sera» del 16 aprile 1984, Goffredo Parise titolava la sua aspra recensione a L’Empire des signes di Roland Barthes, scritto più di dieci anni prima ma solo allora pubblicato in Italia per Einaudi, a quattro anni dalla morte del suo autore. Il Parise innamorato del Giappone – dove aveva soggiornato per oltre un mese nel 1980, traendone il suo ultimo, grande reportage: L’Eleganza è frigida – accusa Barthes di snaturare, con la sua ossessiva analisi semiologica, l’essenza della cultura nipponica, intrisa del pensiero Zen, insofferente a ogni lettura strutturale. Muovendo dalla suggestione di una critica postuma, questo libro propone un inedito viaggio comparativo attraverso due letture novecentesche in apparenza inconciliabili, ma curiosamente convergenti nel raccogliere e reinventare il topos esotico e letterario del Giappone, assunto a utopia poetica ed esistenziale.
Dalila Colucci, dottorata in Discipline Filologiche e Linguistiche moderne alla Scuola Normale Superiore di Pisa, con una tesi sulla poesia di C.E. Gadda, sta completando il secondo PhD in Italian Studies all’Harvard University. Si è occupata delle relazioni prosa-poesia nei narratori del Novecento, pubblicando la monografia Nessuno crede al merlo d’acqua. Le ultime poesie di Goffredo Parise (Cosmo Iannone 2011); delle stesse poesie ha curato l’edizione bilingue: Goffredo Parise, Poèmes, Cahiers de l’Hôtel de Galliffet 2016. È autrice della voce «Pascoli» per l’Enciclopedia Gaddiana a cura di F.G. Pedriali e di numerosi saggi critici (su Piovene, Gadda, Antonioni, tra gli altri). È stata tra gli organizzatori della mostra In Africa it is Another Story: Looking Back at Italian Colonialism (Harvard University 2014).
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