Il primo numero del 2015 di «Prove di Drammaturgia», a cura di Gerardo Guccini e Nicoletta Lupia, è strutturato in tre parti. La prima, a cura di Nicoletta Lupia, è dedicata a Jean-Guy Lecat, architetto, scenografo e stretto collaboratore di Peter Brook. In due saggi introduttivi, la curatrice descrive il percorso professionale di Lecat e traccia le linee di continuità che attraversano il suo rapporto con l'opera lirica. Nelle preziose lezioni bolognesi, riunite sotto il titolo “La semplicità a teatro è molto sofisticata”, il Maestro definisce le poetiche, gli strumenti e le forme del suo artigianato in presa diretta con la vita del teatro.
Il secondo Dossier raccoglie gli atti del convegno “Per/formare l’opera. Spazi, ruoli e costumi per attori e cantanti”, a cura di Marco Beghelli, Paola Bignami, Gerardo Guccini (Bologna, 2013). Marinella Pigozzi fa luce sui rapporti tra arti sceniche e figurative sulle scene del teatro d'opera ottocentesco, aprendo originali digressioni sui progressi della tecnica e sul ruolo svolto dall'editoria musicale. Gerardo Guccini mostra come lo spettacolo operistico abbia affidato e affidi la gestione della dimensione spaziale e quella della dimensione temporale a diversi ordini di ruoli artistici e competenze. Gabriele Vacis, a partire dal racconto del “Nabucco” di Macerata, descrive le sue relazioni con lo spazio scenico e la ricerca di un'essenzialità funzionale all'opera. Marco Beghelli analizza la dimensione recitativa dell'attore e del cantante lirico, connettendole con i ruoli e i personaggi interpretati, per domandarsi come l'articolazione di questi elementi abbia influenzato la regia lirica. Il regista Francesco Esposito fornisce al lettore una testimonianza della sua relazione professionale con i cantanti d'opera, individuando zone di sviluppo potenziale. Charlotte Ossicini traccia, infine, una densa storia dei rapporti fra moda e costume teatrale.
Il terzo dossier, “Roberto Capucci: sguardi ai rapporti tra moda e spettacolo”, a cura di Enrico Minio Capucci e Serena Angelini Parravicini, è incentrato sui rapporti tra lo stilista e il teatro. L'ideazione e la realizzazione di costumi unici e maestosi, l'estro e il background culturale di Capucci, testimoniano, infatti, una spiccata sensibilità teatrale, come si può osservare nel ricco Capitolo iconografico che raccoglie alcuni bozzetti inediti dell'artista. Chiudendo la sezione, Charlotte Ossicini, descrive gli abiti dello stilista come “abiti-scultura” che modificando l’anatomia di chi li indossa, sfilano nei musei e riscrivono i criteri dell’abito performativo.